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Bitcoin, ma il fisco?

Come ho rilevato nell'ultimo post, è innegabile che in questo periodo il Bitcoin è al centro dell'attenzione: trova spazio nei telegiornali, sui giornali, sui social, e perfino nelle chiacchiere da bar. Sicuramente non possono lasciare indifferenti le quotazioni che il Bitcoin ha raggiunto nel 2017, durante il quale ha raggiunto un valore di quasi $ 20.000, partendo da una quotazione iniziale di $ 1.000 (senza trascurare che nel corso del 2018 le quotazioni si sono rapidamente riavvicinate ai $ 9.000).

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Il fenomeno del Bitcoin Che sia un fenomeno da non trascurare lo conferma il fatto che il Bitcoin è al centro all'attenzione dei principali addetti ai lavori, che su di esso hanno visioni diametralmente opposte, nonché delle principali autorità di vigilanza e dei regolatori di quasi tutti i Paesi del mondo [sulle quotazioni del Bitcoin in questo momento pesano le scelte restrittive adottate dai regolatori in Asia (Sud Corea e Cina), che si spingono fino a proibire la contrattazione in Bitcoin]. Lo scorso dicembre sono apparsi sui mercati regolamentati (Cboe - Chicago Board Options Exchange e Cme - Chicago Mercantile Exchange) i primi due future sul Bitcoin, che hanno così introdotto il Bitcoin nella “finanza tradizionale”, non senza sollevare polemiche, per la difficile gestione degli strumenti derivati con un sottostante che presenta una così elevata volatilità. Anche il fisco, attraverso l’Agenzia delle Entrate, ha già posto la propria attenzione al Bitcoin, riconoscendone l’esistenza.

Gli impatti fiscali del Bitcoin non sono ancora del tutto chiari


tuttavia, al momento si ritiene che sia prudenzialmente corretto indicare i depositi in Bitcoin come depositi in valuta estera nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, e le eventuali plusvalenze sono fiscalmente rilevanti (nel caso in cui la giacenza di tutti i conti intrattenuti sia superiore a € 51.645,69 per almeno 7 giorni lavorativi continui).

L’algoritmo alla base del Bitcoin prevede che il numero di Bitcoin che saranno emessi è pari a 21 milioni, e ad oggi sono già stati creati 17 milioni, e ogni 10 minuti vengono creati 12,5 nuovi Bitcoin (ogni quattro anni il numero di Bitcoin creati ogni 10 minuti si dimezza). Questo vuol dire che in futuro potrebbero diventare un bene scarso, e quindi di valore.

Ma cos’è il Bitcoin? È una criptovaluta, cioè una moneta digitale creata e scambiata attraverso una tecnologia detta blockchain, ossia una base dati elettronica crittografata distribuita che serve a tracciare le transazioni avvenute e ad attribuire la proprietà dei Bitcoin (ogni nodo di questa catena contiene tutte le transazioni avvenute nel sistema in tempo reale in un registro immodificabile).

Non esistono quindi banconote o monete fisiche, così come non esiste una banca centrale che le stampa e che influisce sulle quotazioni, che sono lasciate alla legge della domanda e dell’offerta.

I Bitcoin vengono conservati in portafogli digitali (wallet), per poter essere utilizzati come mezzi di pagamento, oppure scambiati con valute tradizionali su piattaforme di scambio (exchange). Sul sito www.coinmap.org è possibile individuare gli esercenti che accettano il Bitcoin; tuttavia, ad oggi, il Bitcoin è utilizzato più spesso con finalità di trading, tant’è che c’è chi sostiene che sia più corretto definirlo come una commodity e una riserva di valore, anziché come una valuta (come l’oro). La bolla del Bitcoin è destinata a scoppiare? È possibile, tuttavia rispetto ad altre bolle probabilmente produrrà molti meno danni. Ad oggi si stima che i possessori di Bitcoin siano circa lo 0,1% della popolazione mondiale. In caso di crollo delle quotazioni del Bitcoin, gli unici destinati a perderci sono esclusivamente i soggetti possessori di Bitcoin, e i danni non sono destinati a propagarsi, in quanto non esistono sistemi di garanzia destinati a coinvolgere altri soggetti. Conviene oggi investire in Bitcoin? Non è dato saperlo, anche se chi è entrato precocemente ha probabilmente maggiori possibilità di guadagno rispetto a chi è entrato dopo. Sicuramente un investimento in Bitcoin va considerato come un investimento molto rischioso e molto volatile, quindi non adatto a tutte le tipologie di investitori e, anche in tali ipotesi, la quota di patrimonio da destinare a tale investimento deve sicuramente essere molto marginale. Un investitore deve essere consapevole che in pochi minuti potrebbe subire perdite consistenti, che potrebbero diventare irreversibili in caso di eventuali disposizioni fortemente restrittive da parte dei regolatori. Il tutto è complicato dal fatto che le quotazioni del Bitcoin sono determinate dalla legge della domanda e dell’offerta, influenzata da comportamenti a volte irrazionali degli investitori.

Molto probabilmente non è un azzardo definire il Bitcoin come lo “strumento finanziario” ad oggi più rischioso.


Fonte: Ratiofamiglia.it


L.D.


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